Data uno – com’è andata

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Si inizia con il mio conquilino Checco che mi chiama:
Sciutte, ci sei?
E Igor, dall’altra stanza:
Sono le otto, Sciutte.
Perché la notte prima dei giorni importanti dormo sempre profondamente e non sento la sveglia. Cappuccino e focaccia e autostrada e aeroporto, a scaricare Igor che, finita la stagione, se ne torna a casa a Cefalù. Buon viaggio hermano. Ci manca già un po’, prima ancora di tornare alla macchina parcheggiata in “sosta breve”. L’ho sforata di 10 minuti: 25 euro di multa, così dobbiamo già cancellare qualche birra dalle spese previste per non uscire dal budget. A Genova, slalom tra le ZTL per raggiungere Emanuele, andare insieme a ritirare le copie di Lettere da un ammutinamento in casa editrice, un panino da Sottoripa e poi di nuovo autostrada.

(Ora, non è che ogni volta starò a raccontare tutte queste cose. Magari farò ancora una tappa, due, tre, cento. Però questa è la prima e sento che devo proprio scrivere com’è andata)

Milano è grigia, come sempre. Il cielo è un blocco di ghisa inespressivo. Però Milano mi piace. Qua e là, a piccole dosi. Ma mi piace girarla, starci un po’. Mi rende un po’ bipolare: sprofondo in silenziose depressioni mentre scendo le scale della metropolitana, poi torno a respirare sulla scala mobile, mentre comincio a intravedere la luce dell’uscita. Il Bachelite è ancora chiuso, ci guardiamo un po’ attorno, palazzi e palazzi in costruzione e marciapiedi che sono parcheggi edicole alberi stretti dall’asfalto che piovono foglie che iniziano a farsi rosse e gialle. Poi andiamo a fare un giro in centro, una birra, una vasca e un saluto all’anarchico Pinelli che non dimentico mai quando passo di qua. Fotocopio il volantino della serata e mi ricordo che ci faccio qui a Milano un grigio 2 di ottobre. Allora inizia un po’ d’ansia.
Checco, la uso la musica?
Secondo me sì.
Però non so se sono pronto, ho provato poche volte, magari viene una merda.
E allora non usarla.
Però veniva bene, mi piacerebbe.
Allora fa come ca**o vuoi.
In effetti.

Incontro Roberto, il boss del Bachelite, in gamba e simpatico e ottimo fabbricante di margarita. Il primo della serata. Poi arrivano Il Sindaco: parcheggiano, scaricano e montano e intanto ci conosciamo.
Mi dico che avrei dovuto imparare a suonare, perché almeno hai un sacco di cose da fare prima di esibirti e anche se questo rende tutto più complicato, non hai tempo di pensare che fra un po’ tocca a te. Invece io vedo i libri e i volantini e il computer, sul tavolino dove ci siamo accampati io e Checco (come due che staranno lì dentro fino alla chiusura, cosa che in effetti avverrà…), io li guardo e mi dicono:
Perchè non ripassi? Devi rileggere e provare, altrimenti poi inciampi e fai un casino. Non essere pigro, almeno stavolta.
Ordino il secondo Margarita, ma prima che inizi a berlo, cominciano ad arrivare gli amici. Il mio legame con Milano, in effetti.
Amici e amiche del mare, amici e amiche che non vedevo da tanto tempo ed è come se invece ci fossimo salutati solo qualche giorno fa. C’è chi non vedevo da cinque anni e mi sembra bellissimo rivedersi in un’occasione così, dopo tutta la poesia che ci siamo passati durante questo tempo. C’è chi era già nei paraggi e chi invece si è anche fatto qualche chilometro per venire. Sto così bene che quasi quasi faccio finta di dimenticarmi di dover leggere le mie poesie. Poi guardo Roberto, che aspetta. Guardo anche Il Sindaco, che aspettano. Dico “magari comincio a prepararmi” e qualche amico risponde “sarebbe anche l’ora, siamo qua apposta”. Ecco. Intanto il margarita è finito, ordino una birra, ma non la bevo perché mi servirà per la gola mentre leggo.

Si fa silenzio. Mi guardo attorno. Senza rumore e nella penombra, mi sembra di vedere questo posto per la prima volta, anche se ci sono dentro da ore. Sento il rumore dei neon, il motore dei frigoriferi, le bollicine che scoppiano dentro alle pinte, i respiri. Per un attimo lunghissimo in cui inspiro e mi dico: ok, inizia.
Ammutinamenti. Leggo, parlo, leggo ancora, parlo. Qua e là applausi, vedo occhi che mi guardano nel buio, cerco di concentrarmi sulle pagine, metto musica, leggo ancora e intanto parola dopo parola mi sciolgo, ogni tanto alzo la testa, cerco di restare serio anche se mi viene da sorridere nel vedere la gente che è lì e mi ascolta e son felice che ci siano e siano proprio loro questa sera qui con me, in questo posto bellissimo, mentre mi sento a mio agio ma emozionato.

Dopo di me Il Sindaco, che ha fatto questo disco bellissimo, ha la voce calda e le parole giuste e canzoni piene di storie e di storia e suonano benissimo e penso che è stato un onore per me leggere le mie poesie prima del loro concerto.
Poi la serata prosegue come tutte le serate tra amici, anche se mi sento sempre un po’ strano. Saluto i ragazzi che tornano a Brescia e mi tengo stretto stretto il loro cd e regalo loro una copia del mio libro e Fabio – che è simpaticissimo e disponibile – mi dice che era tentato di mettersi a suonare il piano mentre leggevo, ma poi ha visto che avevo la base e non voleva disturbare; ed io che invece avevo portato la base perché non mi osavo di chiedere a loro se volevano suonare qualcosa. Ci facciamo un in bocca al lupo e ci diciamo che la prossima volta lo faremo. È stata una bella serata e non posso che ringraziare chi c’era e l’ha divisa con me, le amiche gli amici i ragazzi del locale e Il Sindaco e chi c’era. (Ma anche chi avrebbe voluto e non c’era e chi mi ha mandato un messaggio e mi ha pensato. Sì, ero emozionato. E sì, mi sembra che sia andata proprio bene).

Finisce alle 4 e mezza del mattino, dopo due ore di divagazioni automobilistiche attraverso l’hinterland milanese, in balia delle nostre chiacchiere e teste stanche e navigatori satellitari stupidi, col cd de Il Sindaco che gira in loop e fa da sottofondo ai nostri smarrimenti mentre cerchiamo di raggiunge casa di Sergio che è venuto a sentirmi e ci ospita per la notte e che in realtà stava a dieci minuti dal Bachelite. Un panino con la salamella, mentre Checco dorme accartocciato sul sedile posteriore e il paninaro dell’est che sciorina maschilismi avariati e saggezze varie sul traffico alcolico notturno. Il portone di casa che non si trova e poi finalmente eccolo lì; a casa, felici. Finalmente e buonanotte.

Anzi no! La storia finisce alle 7 e mezza, giusto tre ore di sonno dopo. Esco di casa tra nuvole di aria gelida e assonnata e gente operosa che mi scivola ai lati. Prendo un caffè al bar dei cinesi, mi trascino fino alla macchina, individuo l’ometto con la pettorina arancione. Un raggio di sole comincia di traverso a sfiorare i palazzi e a giocare sulla superficie delle vetrate. Passa un tram con la pubblicità del Cynar. Mi sembra una città bellissima.
Quattro gratta e sosta per favore.
A lei. Fanno 4 euro e 80, grazie.
Ecco.
Grazie e buona giornata.
Amata Milano, dannata Milano, tu svegliati che io torno a dormire ancora un po’.

4 Comments

  1. è andata bene, anche la nota che hsi scritto qui è precisa e con la descrizione dell’evento sembrava di esserci.
    Perche ora non ti dedichi alla scrittura di un libro?
    Sono persuaso che hai talento e facilità.

    1. Grazie Max! 🙂
      Chissà, per ora sto assorbendo l’idea di aver pubblicato le poesie e mi dedico a portarle un po’ in giro e a vedere l’effetto che fa.
      Intanto qualcosa, oltre al blog, lo scrivo sempre…un domani magari qualcosa ne verrà fuori!

  2. Che emozione Simo! Anche dal tuo racconto di questa giornata particolare traspare la persona unica che sei. Devo ancora trovare il libro, questa settimana lo cerco in libreria perchè ho proprio voglia di leggerlo. Ti abbraccio, Manu

    1. Grazie Manu!
      Anche se esageri 🙂 Il libro si è un po’ incartato nella distrubuzione, anche perchè abbiamo portato più copie del previsto alle presentazioni, ma dovrebbe arrivare in libreria a breve!

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